Le tre cose belle..


A dicembre su Facebook girava uno dei soliti giochini tipo catena, che se non partecipi, ricondividi e tagghi almeno mezzo milione di esseri viventi del globo terracqueo ti succedono i peggio disastri!

tre_cose_belleSolitamente evito queste cose, ma questo giochino in particolare aveva lo splendido pregio di costringerti a pensare a tre cose belle per cinque giorni, senza avere istruzioni precise (e dunque lasciando ampia libertà di scelta).. ottimo espediente che permette di costringersi ad essere costanti e rivalutare le piccole cose spesso dimenticate, esercizio di sopravvivenza essenziale in una situazione psicosocioemotiva terrificante e in un paese dove lo sport nazionale più praticato, addirittura prima del calcio, è la lamentela.

Nello slancio dei propositi che ho citato nel primo post di quest’anno, inauguro una rubrica, “Le tre cose belle” appunto, nel tentativo di curare la mia insana ed italianomedia tendenza alla lamentela e all’autocommiserazione.

Questa rubrica vuole essere solo incidentalmente autobiografica (perchè scritte da me): in realtà il mio fine è quello di rivalutare le piccole cose e sperare che anche i lettori le rivalutino, colorando con una pennellata di sorriso una giornata grigia e monotona.

Bando alle ciance, si comincia!

Il riposante silenzio delle strade deserte il primo gennaio

Il cielo sereno post tramonto amplificato dall’aria gelida

Indossare il vestito della sera prima e sentirsi più belle del solito

E voi? Quali sono le vostre tre cose belle di oggi?

PS: io ovviamente non invento mai niente di nuovo.. cercando un’immagine per completare il mio post ho scoperto che esiste un intero sito http://www.3cosebelle.it dedicato a questo proposito: direi che la citazione è d’obbligo 😉

Reborn from ashes like a burning phoenix…


10906173_10205796502220077_1148310330388489463_nTanti, tantissimi mesi sono passati non soltanto dall’ultimo articolo pubblicato, ma anche dall’ultima bozza lasciata a marcire senza vedere mai la luce (non è escluso che le “riesumi”). Tutto inghiottito dal buio in cui mi son lasciata avvolgere, dallo svilimento che ho permesso prendesse piede.

Oggi è il primo gennaio e si sa, è tempo di buoni propositi, rinvigorimento dei ritmi, rinnovo di piani ed obiettivi che ci trasciniamo di capodanno in capodanno senza mai completarli veramente, diluendo nei giorni e nei mesi gli slanci positivi.

Io non ho ancora preso decisioni strutturate in merito, ma mi è venuto in mente il povero blog abbandonato a sè stesso nella websfera e senza progetto alcuno ho deciso di rimetterci mano e riprovare ad impegnarmi per l’ennesima volta, in modalità assolutamente random.

Questa volta è una questione di autostima e ricostruzione di me: esercitare la scrittura e far di nuovo credere a me stessa che, porca miseria!, so scrivere eccome e che non lascerò che qualcun altro possa dirmi che non lo so fare “o forse mi son comprata la laurea”.

L’idea è scrivere almeno un post al giorno. Un simile mastodontico obiettivo implica creare una periodicità di contenuti, magari riducendo le lunghezze, il mio punto debole, e potrei abbozzare una creazione di rubriche, da stabilire col tempo.

Per ora il primo post è scritto e concludo con una citazione di Gramsci (from Huffington Post Italia), appena scoperta, azzeccata e pertinente.

E per ora buon anno a chi mi leggerà 😉

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Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno.

Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.

Dicono che la cronologia è l’ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch’essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell’età moderna.

E sono diventati così invadenti e così fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 0 il 1492 siano come montagne che l’umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Così la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa il film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante.

Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore.

Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. Tutto ciò stomaca.

Aspetto il socialismo anche per questa ragione. Perché scaraventerà nell’immondezzaio tutte queste date che ormai non hanno più nessuna risonanza nel nostro spirito e, se ne creerà delle altre, saranno almeno le nostre, e non quelle che dobbiamo accettare senza beneficio d’inventario dai nostri sciocchissimi antenati.

Antonio Gramsci, 1 gennaio 1916, Avanti!, edizione torinese, rubrica Sotto la Mole.

Chiuso per ferie


Non pubblico da una vita qui sul blog!! Qualche bozza l’avevo preparata cercando di sperimentare l’app per Android (da marzo sono in possesso di uno smartphone, che sento di usare al minimo delle capacità, non avendo usi professionali in cui impiegarlo), ma rileggendole mi sono accorta che erano impregnate di pessimismo ai massimi livelli e che ritornavano sempre allo stesso argomento, e cioè che son disoccupata.

Siccome ne ho un po’le scatole piene, e siccome io-lettrice non leggerei mai certe depressaggini, ho deciso che scriverò solo quando ne avrò voglia e quando ci sarà qualcosa di decente su cui scrivere. Per ora, non ho niente da scrivere che appartenga a questa tipologia, e io in sto periodo ho zero voglia di fare e la testa al limite della saturazione.
Dopo anni in cui non mi sono concessa vacanze, e le uniche erano ricavate sfruttando un cambio di situazione (es: i miei se ne vanno per vacanze = le mie vacanze), mi sto rendendo conto che forse una vacanza servirebbe anche a me, per la precisione una vacanza per la testa, benchè, non faticando, non sento di meritarmi un bel nulla.

I lettori gioiranno di non doversi sorbire gli ennesimi deliri in fase depressiva, e io non mi sentirò obbligata ad usare il blog come un diario personale. Direi che l’accordo, unilaterale, è ottimo 😉 Magari si riposa anche la vena dello scrittore, e la mia è molto poco allenata.

Buona estate gente 🙂